A fine luglio 2017, nel pieno della torrida estate appena trascorsa, esplode il caso delle uova al Fipronil.
La notizia che uova contaminate da un pericoloso insetticida siano state vendute e consumate rimbalza su ogni mezzo di comunicazione e terrorizza l’opinione pubblica.
Uno scandalo partito da Belgio e Olanda, in cui aziende attive nel settore alimentare vengono accusate di aver distribuito uova avvelenate da Fipronil e di averne taciuto il portato tossico.
Inizialmente l’Italia si dichiara immune al contagio, e con un comunicato stampa dell’11 agosto rassicura i cittadini sulla sicurezza dei prodotti distribuiti e consumati tra i confini del Bel Paese.
Una certezza, però, che inizia subito a vacillare, tanto che l’Italia è presto inserita all’interno della lista delle decine di Paesi a rischio di uova al Fipronil.
I successivi controlli e ritiri di uova contaminate ad opera del Ministero della Salute confermano i sospetti e accendono la paura nei consumatori.
È così che oggi sappiamo che il problema ci riguarda da molto vicino: approfondiamolo insieme.
Cos’è il Fipronil?
Il Fipronil, il cui nome chimico e scientifico è fluocianobenpirazolo, è un insetticida ad ampio raggio, impiegato frequentemente in campo veterinario per eliminare pidocchi, pulci, zecche e acari dagli animali di compagnia.
Vietato per tutti gli utilizzi sugli animali della catena alimentare, il Fipronil potrebbe essere stato impiegato – in modo doloso – sia per disinfettare i capannoni degli allevamenti intensivi di pollame che all’interno dei mangimi delle galline come elemento di profilassi contro la pulce rossa.
Ad aggravare la situazione e ad intensificare la paura nei consumatori, spiccano due particolari caratteristiche di questo veleno chimico.
La prima è che il Fipronil è un composto a rilascio lento, che non uccide all’istante l’insetto, ma che lo avvelena e lascia che torni, vivo, a contaminare il branco diffondendo l’epidemia a macchia d’olio.
La seconda è che questo insetticida è termostabile, ovvero non eliminabile attraverso la cottura: per questo, anche uova sode e prodotti derivati, come pasta all’uovo e preparati dolciari, sono esposti alla contaminazione.
Quali sono i rischi per il consumatore nell’assunzione di uova al Fipronil?
Gli effetti collaterali connessi con il consumo di uova al Fipronil ad oggi noti, sono numerosi e di gravità direttamente proporzionale alla quantità ingerita.
Si va da sintomi quali irritabilità, nausea, vomito, dolori addominali e tremori, causati da un basso consumo, fino a danni ai reni, alla tiroide e al fegato nei casi di abuso di prodotto contaminato.
Il rischio di gravi danni per il consumatore, però, sarebbe scongiurato per gli esperti in fatto di salute pubblica.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, il Fipronil è un veleno moderatamente tossico per l’uomo, soprattutto in virtù delle quantità minime assunte seguendo una normale dieta alimentare.
Stando ad un’analisi dell’Istituto tedesco di valutazione BfR, poi, il limite di tossicità acuta di Fipronil nelle uova, fissato a 0,72 mg/kg, sarebbe dannoso solo per gli individui inferiori agli 8.7 kg di peso corporeo e abituati ad un consumo medio di due uova al giorno.
Su tutti gli altri consumatori adulti, per scatenare effetti tossici, il consumo di uova al Fipronil dovrebbe essere decisamente massiccio: uno scenario, quindi, poco realistico, ma ancora non del tutto chiaro, soprattutto relativamente agli effetti nocivi nel lungo periodo.
Come proteggersi dalle uova al Fipronil?
Di fronte all’emergenza Fipronil, le reazioni istituzionali non si sono fatte attendere.
È così che a metà settembre è stato firmato un accordo di settore, tra Ministero della Salute, autorità Sanitarie, Associazioni di categoria e realtà produttrici. Il protocollo siglato prevede autocontrolli serrati e frequenti sulla qualità dei prodotti destinati alla tavola dei consumatori, per escludere la presenza di agenti nocivi dannosi e vietati.
Nell’attesa che l’accordo venga rodato, i consumatori per autotutelarsi possono verificare la provenienza delle uova, leggendo il codice stampato sui gusci (il primo numero indica il tipo di allevamento, dove 0 è allevamento biologico a terra e all’aperto, mentre 3 è allevamento in gabbie impilate) e privilegiare le piccole produzioni biologiche italiane, più protette grazie ai disciplinari del bio e facili da controllare.